Non provengo da una famiglia circense e il numero che ho portato a Correggio nasce dopo 3 anni di scuola, 3 anni in cui ho cercato di sperimentare quello che più mi piace nella giocoleria. Trovo la giocoleria uno straordinario veicolo di comunicazione e mi piace pensare che sia un mezzo di espressione artistica, come la danza, il teatro e che possa essere usata per far capire e per dire delle cose. Diventare un giocoliere professionista significa fare della giocoleria una scelta di vita, solo a quel punto riusciamo a utilizzarla come mezzo espressivo, a rimanere in palestra a ripetere i movimenti, 5/6 ore al giorno solo sulla tecnica e in più sviluppare la danza, il movimento corporeo, l’acrobatica. In questi anni ho cercato di potenziare al massimo tutta la tecnica, per esserne padrone e poterla usare come se fosse un linguaggio. Vedendo Iris (Cirque Plume) allenarsi ho capito che cosa è la perfezione abbinata alla fantasia; guardare ma non copiare, questo è uno dei segreti. Sperimentare, soffermarsi sul fatto che una clava possa prendere qualsiasi tipo di direzione, nulla ci impone le rotazioni classiche, possiamo usarla in qualsiasi altro modo, ma per fare questo bisogna provare, fare cose che magari non userai mai, cose che tralascerai quando monterai la routine. Quello è il lavoro interessante, quello di scegliere da questo enorme calderone le cose da usare per lo spettacolo; cominci a scegliere e unire e questo dipende dal tuo stato d’animo del momento e da quello che vuoi trasmettere. Molto importante per me è stato il festival 531, dove ho capito quanto si potesse creare solo con la giocoleria e come questa potesse essere usata in svariatissimi modi, anche senza avere tre oggetti, anche con uno solo, magari un braccio di plastica. Nel pezzo che ho portato c’è una sorta di riflessione, di inquietudine, dovuto anche al fatto che era la prima volta che montavo una routine, e non ce l’avrei mai fatta senza l’aiuto del mio insegnante di giocoleria Andrea Olivo. Lui non fa spettacoli e non si definisce un artista (per me invece lo è), ma mi ha aiutato tantissimo per capire cosa veramente volessi fare in scena. Ho scelto le clave perché offrono possibilità infinite, si completano benissimo con il corpo in appoggio, incastro, equilibrio, puoi disegnare, hanno la possibilità di scorrere, creare movimenti in terra, oltre chiaramente a ruotare in aria. Prima non le utilizzavo tanto, ed è stato proprio alla scuola che mi è venuta la passione per le clave, più lavoro sulle clave più capisco che c’è tantissimo da farci. In Italia mi guardo intorno e mi sembra tutto un po’ fermo. Molti hanno col tempo abbandonato l’idea di fare delle giocoleria il loro principale mezzo espressivo, altri lo hanno portato per strada ma con altre valenze. Lo stereotipo del giocoliere che fa l’artista di strada rende difficile far capire le potenzialità di quest’arte in altri contesti, ma quando ci si riesce i risultati sono molto soddisfacenti. Bisogna lavorare tanto su se stessi sulla promozione di queste cose, ma in questo momento c’è ancora poca cultura da parte delle direzioni artistiche. Lavoro molto in festival dove si esibiscono essenzialmente dei performer, situazioni di palco con un pubblico che sa di assistere ad uno spettacolo, e ho sviluppato collaborazioni con compagnie di teatro e di danza. Oggi le scuole in Italia sono forse l’unico posto dove poter accelerare la propria formazione e aprirsi a contatti ed esiti internazionali, vedere cosa accade nel mondo. Anche gli altri allievi delle scuole di circo cominciano ad apprendere una tecnica, a fare di una passione un lavoro, e credo che tra pochi anni si creerà un circuito di giovani artisti che si uniranno tra di loro in piccole compagnie. Fare il Gran Galà alla Convention Italiana è stata la più grande emozione che ho provato su un palco, e poi è bello che il pezzo sia di un giocoliere italiano nato alle convention dei giocolieri. Ringrazio fortissimamente la scuola di circo FLIC di Torino per tutto quello che mi ha dato, ed i miei genitori, Marilena e Paolo, che continuano a sostenermi ed incoraggiarmi in questa folle avventura.
Francesco Sgrò
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