LE ORIGINI
A fine anni ‘60, ai principi della carriera di attore, mi esibivo anche come musicista a cappello nelle strade di Parigi, dove ho incontrato tutta la scena dell’arte di strada, allora ai suoi primi fermenti. Coinvolto in quest’ambiente di saltimbanchi, cominciai ad allenarmi e prendere lezioni di acrobatica. Nel 72, quando lavoravo al Teatro Nazionale di Strasburgo, il direttore mi chiese di raccogliere una dozzina di artisti di strada e fare uno spettacolo su un palco nella piazza antistante. Fu un grande successo e nel 73 decisi di fondare un gruppo che si chiamava Le Puits aux Image e con il quale facemmo molte tournè, anche in Italia, lavorando su testi di Moliere e Dario Fo e portando in scena anche elementi di arti circensi. Diventavamo sempre più bravi e nei nostri lavori teatrali le arti circensi acquistavano sempre maggiore spazio ed importanza, così fu naturale ad un certo punto creare uno spettacolo di circo da strada, e nel 79 anche un nostro proprio chapitò. Venti anni fa le differenze tra teatro e circo erano stridenti e molti sostenevano che quello che facevamo non fosse circo, ma teatro. Non la pensavo allo stesso modo così nel 1987 decisi di fondare il Cirque Baroque. In francese Baroque significa differente, ed è la ragione per cui la nuova musica che si affacciava nel mondo venne chiamata musica barocca. Queste discussioni su cosa sia e come definire questo nuovo filone continuano ancora oggi, ma senza di me! Il problema in Francia, con tutte le scuole di arti circensi, è che si sta creando una nuova sorta di accademismo, una nuova classe di intellettuali che speculano troppo sull’arte circense; Circo-teatro, Nouveau Cirque, Circo Contemporaneo, sono solo etichette, che stanno strette e che rischiano di generare fatture. La cosa importante è creare nuovi lavori, capire che la nostra arte è in continua trasformazione, per cui tutto ciò che è nuovo oggi non lo è più il giorno dopo.
IL PRESENTE
Oggi Cirque Baroque è una compagnia riconosciuta dalle istituzioni, con tre spettacoli in tour, a volte in contemporanea. Uno spettacolo con soli tre artisti, che si esegue principalmente nei teatri, e due spettacoli collettivi, Ningen, che abbiamo portato quest’anno a Bologna, e Troia, l’ultima delle nostre produzioni, realizzata l’anno scorso. A volte facciamo anche spettacoli on demand, adattandoci alla durata e agli spazi che ci mettono a disposizione. In media abbiamo 25/30 persone che lavorano nella compagnia, inclusi i musicisti e i tecnici. L’età media, come in genere per questo tipo di lavoro, va dai 22 ai 30 anni, e gli artisti vengono da tutto il mondo, Giappone, Olanda, Russia, Svizzera, Brasile, Cina, Argentina, Germania, Belgio, e chiaramente Francia, paese dove molti di loro risiedono. Il rapporto con loro non è in esclusiva ma di priorità, e sono liberi di fare quello che gli pare quando non proviamo o non ci sono spettacoli. La nostra sede è in campagna, vicino Parigi, presso una fattoria, attrezzata per alloggiare tutti gli artisti quando proviamo insieme.
IL PROCESSO CREATIVO
L’idea può partire da tutto, dai libri che leggo, ai viaggi, alle persone che incontro. Per Frankestein il tema ci fu commissionato da un grande festival tematico, che si tenne nel 98 a Weimar in Germania, e per il quale mi chiesero di fare un lavoro. Mi documentai molto sul personaggio e sulla storia di Frankestein, ma soprattutto sull’autrice e sul periodo storico e artistico del romanticismo. Per Ningen invece, avendo lavorato molto in Giappone, per strada e in teatro, sono rimasto colpito dal conflitto e dall’integrazione tra tradizione e moderno che lì è due volte più stridente che in Europa. Così Yukio Mishima mi sembrava rappresentasse appieno questa contraddizione, nella vita e nell’arte. Ho lavorato molto su questo spettacolo, andando spesso in Giappone, e anche per la scenografia, con questo palco passerella, abbiamo fatto un grande lavoro, perché quando ti muovi come un circo devi stare molto attento al tipo di scenografia che concepisci. Nel processo di realizzazione mi avvalgo poi di un coreografo e di un regista, per Ningen voglio citare il bravo argentino Agustin Letelier, che cominciano ad amalgamare il tutto e a lavorare ai dettagli, coinvolgendo anche gli artisti. Il momento creativo più importante comincia quando siamo tutti insieme e per due/tre mesi proviamo e riproviamo. Questo processo non si esaurisce con la prima dello spettacolo, perché continuiamo a prendere appunti e fare cambiamenti. Credo che solo dopo almeno una ventina di rappresentazioni possiamo dire che il processo creativo sia terminato e che lo spettacolo abbia trovato la sua forma definitiva. Il tutto richiede in media un anno, mese più, mese meno. Negli ultimi 10 anni ho sempre avuto musica dal vivo negli spettacoli. Prima erano delle brass band, mentre adesso stiamo usando musica rock. Anche la giocoleria ha sempre un grande rilievo nei nostri spettacoli. Da 12/13 anni ho un numero di passing collettivo con le clave nei miei spettacoli, esplorando e sfruttando di volta in volta le sue potenzialità espressive e coreografiche. In Ningen, per esempio, viene eseguito per rievocare la pratica del Kendo, così usiamo lo swinging come rimando alle arti marziali, ma mi piace anche lavorare con numeri singoli, come con il bel numero di diabolo con filo elastico e a mani nude.
SOGNI
Mi piacerebbe avere le risorse necessarie per andare in tour con un respiro più ampio, fermarci nelle città per un mese e proporre tutto il nostro repertorio. Nel frattempo continuare a creare nuovi spettacoli, magari uno all’anno. Ma economicamente questo non è possibile. A lungo non abbiamo fato niente per promuoverci eppure, nell’arco di 15 anni, e fino a tutti gli anni ’80, facevamo 200 spettacoli all’anno. A volte mettevo in piedi una seconda troupe, anche una terza e rappresentavamo più spettacoli contemporaneamente in città diverse. Ora tutto questo è finito, e il numero di rappresentazioni che facciamo ogni anno continua a calare, essenzialmente perché oggi sul mercato ci sono molte compagnie minori che, lavorando con meno persone, costano meno, e perché in Francia, negli ultimi due/tre anni, le istituzioni hanno deciso di devolvere gran parte degli aiuti ministeriali a queste compagnie minori, piuttosto che a grosse compagnie come la nostra. L’unica possibilità di sopravvivenza per questo genere di spettacoli è trovare delle sponsorship che finanzino parte del progetto e delle tournè, perché non puoi permetterti di pagare un cast di 30 persone per tre mesi di prove senza aver ancora venduto un solo spettacolo. Artisticamente questo cambia molte cose ed abbiamo già un progetto di formato ridotto, che parte ad ottobre, con 8 artisti, sui “Sette peccati capitali”.
QUI IN ITALIA
Tre anni fa la Galante Garrone ha assistito ad un nostro spettacolo e ci ha invitato in Italia. Nonostante il budget ristretto acconsentimmo a venire e rappresentare Frankestein, e in seguito a collaborare alla formazione degli allievi che entravano nel cast di Ombre di Luna, che sono venuti da noi per due settimane e che sono poi tornati a Bologna accompagnati da tre nostri artisti per aiutarli tecnicamente ed artisticamente. Anche quest’anno abbiamo accettato di buon grado di portare, ad un costo calmierato, un nostro spettacolo a Bologna, e di intensificare il rapporto di collaborazione per la formazione degli allievi. Ci piace questa collaborazione e siamo contenti che finalmente anche in Italia il pubblico comincia a seguire e ad apprezzare quest’arte, come dimostra il tutto esaurito che abbiamo registrato quest’anno a Bologna.
www.cirque-baroque.com/