Sgabello Lesso

 

AUTO INTERVISTA, OPINIONI, CONFESSIONI MA NON TUTTO SU SGABELLO LESSO

Mi chiamo Filippella, in arte Sgabello Lesso, clown, antropologo, equilibrista, che fissa le cose e insegue le immagini. Trasformo il sogno in realtà, non mi sento creatore dell’espressione, soltanto il raggio di un grande bagliore. Adoro cucinare, è una passione che spesso porto con me al centro della pista. Sgabello Lesso esce in scena. Sorpresa, la scena non c’è, che, tra parentesi, è un problema della strada, però lui la costruisce, si trucca e urla menre lo fa. Delinea il cerchio con la gente curiosa e lo spettacolo ha inizio. Alto, basso, Giulietta, cipolle e pop corn, sono i compagni di lavoro, il sorriso e la soddisfazione dello spettacolo sono il regalo del pubblico. Lui cerca l’equilibrio della vita, intanto mette un fiore sul naso, toglie dal suo viso le parole e le butta via alla ricerca del sorriso. Quando le parole non sono appropriate le schiaccia con il piede, in segno della perfetta imperfezione del discorso. Gira intorno alle idee, gira all’interno del cerchio con il monociclo e montarte su quello alto è il compito dello spettacolo, è complicato no!? Se hai visto qualche volta la messa in scena di Sgabello Lesso capisci; chi non lo ha visto lo può definire eccentrico, come fa lui stesso d’altronde. Ma cosa è l’eccentricità? Il dizionario definisce eccentrico qualcosa fuori dal centro; che non ha uno stesso centro rispetto ad un’altra figura con la quale ha qualche parte in comune. Eccentrico vien definito anche come qualcosa di strano, bizarro, stravagante; un uomo con un vestito eccentrico, come può essere Sgabello. La meccanica dice che la parte di una macchina costituita da due parti rigide, di cui una è in movimento, in questo caso è il monociclo, trasmette il movimento per contatto ad un altra, che penso sia il clown che Sgabello rappresenta. Un moto alternativo, rotatorio, traslatorio, come quello di un sogno. Sgabello stesso dà la sua definizione di cosa significa essere eccentrico. Eccentrico è dare un senso a quello che è quotidiano. E’ lo stesso segreto che un buon cuoco porta con se per trasformare la farina, l’uovo, il burro, lo zucchero e la cioccolato nel migliore browning che hai mai assaggiato. Sotto l’effetto delle caramelle e dei giochi pirotecnici Sgabello scoppia e produce una reazione a catena che finisce con il restituire ordine al caos che ognuno porta dentro di sé.

Adesso di mia iniziativa faccio l’intervista. Vi faccio l’elenco di tutto ciò che amo. Le cose che mi piacciono. Il Dolce Forno 80 (molto importante 80), la spremuta di carote, Jacques Tatì, fare l’amore la mattina dopo una bottiglia di champagne. Mi piace mangiare le teste di pesce, guardare negli occhi le donne, le donne del pubblico; mi piace il clown di Mosca….questa intervista mi si inceppa per la troppa passione nel descrivere gli oggetti del desiderio.

Qual è secondo me il nutrimento di un clown? Non fare solo il clown o solo uno spettacolo. Farne tanti, lavorare al bar, fare il cameriere, preparare il latte al nonno, qualsiasi cosa uno faccia è l’allenamento per essere un clown. Se si è coscienti, se mentre si fa qualcosa c’è la coscienza di farla in uno stato. Faccio una cosa sbadatamente quando sono da solo. Ma se siamo in cinque, e gli altri vedono quello che faccio, questa sbadataggine, l’essere goffo, si fa più diveretente; è come se vivessi nel presente e nell’attenzione del dare. Non so perché, ma ho questa sensibilità, quella di dare, di dare anche solo una cazzata; di fare, di portare le persone che ti sono vicini, portare gli oggetti che tocchi, tutto ciò che ti circonda, portarlo altrove. Sta nello spazio e tu lo sposti. Far ridere è spostare, far piangere anche è spostare. L’emozione si può manovrare con le mani e con la parola. Penso che un albero con le radici si possa spostare quando si è un clown.

Posso dire quello che penso ma non posso affermare quanto posso dire, ma credo che la dislessia faccia parte della giocoleria, ovvero tanti di noi sono dislessici, eppure riescono a far girare cinque, sei, sette, otto, nove, 99, manca uno e siamo al 2000.

La Lapponia, dico sempre sempre di essere nato in Lapponia, ovvero che ho la mamma lappone, il padre toscano. Quando torno dal Messico voglio vedere Vienna, voglio andare nei posti e fare spettacolo, voglio leggere un quotidiano. Non l’ho mai fatto ma un giorno lo farò.

 

Lode a me stesso. Mi piace stare qui, davanti a voi, in una sera con il cielo che s’illumina; mi piace la notte, perché è luce, e ogni tanto anche la morte; mi piace il sole perché è il riflettere dell’amore, più di tutto mi piacciono i miei occhi perché scintillano nelle orbite in assenza di stelle. Che io sia così fatto è il sogno della mia vita, perché stelle e sogno sono fuse assieme, e con loro anche il mio volto per sempre celeste.

 

Volevo riprendere con le voci della mia vita. In televisione la voce di Bernacca mi affascina, non c’è più ma è quella che ricordo più volentieri. Nella lirica, la voce di Gran Pier che recita Rigoletto, nel cinema la voce della Valeria Golino, nella pubblicità la voce di Calimero, nella musica pop la voce di Roberto Camerini, una segreteria telefonica “dopo il bip, dopo il bip, se volete lasciare un messaggio, sì, dopo il bip” (sul motivo di Let it Be). La voce del padrone che sta sui dischi d’epoca con il cagnolino che suona nel magafono è carina, non ho mai sentito la voce ma fa parte del mio DNA. Nel teatro mi piace…il falsetto di Sgabello Lesso.

 

Posso concludere con una ode ad uno dei gesti più belli nella storia dell’uomo: il gol di mano di Diego Armando Maradona. Il calcio argentino e forza 3000. Io sto per il 3000, non il 2000, mi piace il dispari, 3000, sì 3000.

 

SGABELLO LESSO

335 6757732

 

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