di Patrizio Paoletti
Il gioco ricopre un ruolo fondamentale nel momentum pedagogico, ne esprime la dimensione sperimentale. Il bambino, mentre gioca, fa esperienza nel campo della materia, nelle coordinate di tempo e di spazio, diventa operativo coinvolgendo i suoi sensi.
Il gioco dà la possibilità di produrre un'esperienza diretta perchè, a diffferenza della narrazione, dove il bambino immagina gli accadimenti, nel gioco egli è negli accadimenti.
Eppure è la narrazione, la favola, ad assumere il valore di mediazione e traslazione di gran lunga più importante del gioco stesso, perchè rende possibili gli avvenimenti in un tempo brevissimo, o potremmo dire nell'assenza di tempo. Infatti in pochi istanti, con pochissime parole, possiamo raccontare duemila anni di storia, perchè il tempo della narrazione fantastica scorre in un'altra dimensione. Possiamo infatti raccontare di un bambino che ha fatto un lungo viaggio dalla Lapponia fino in Italia dicendo solamente: "...e in tre passi giunse alla nostra porta e bussò. Toc, toc, toc" e il bambino sente, percepisce il suono della mano che batte sulla porta, ed aspetta che essa si apra. Questa è la potenza della narrazione. Attraverso il racconto, il bambino può entrare nella storia, può apprendere attraverso i personaggi e le esperienze che vivono. Le storie devono essere molte e di vario tipo, ricchissime di situazioni, personaggi, vicende. Il gioco, poi, in un secondo tempo, riprenderà alcune situazioni, alcuni personaggi citati nella storia stessa. Ad esempio, quando i bambini giocano alla guerra, ai soldatini, rivivono l'archetipo della battaglia, imparando a confrontarsi con l'esperienza di forza e debolezza, vittoria e sconfitta, comando e obbedienza. Allora il gioco deve contenere la dimensione fisica. Dalle vicende narrate si farà nascere la struttura del gioco, che deve essere il più possible orientato. Questa è la vera abilità dell'educatore.
Il gioco, nella dimensione educativa, non viene prodotto per colmare o riempire un tempo, ma ne rappresenta l'arte dell'orientamento. Il punto centrale dell'educazione, per tutte le età, resta sempre la narrazione, mentre la parte che subisce delle variazioni è il gioco. Ciò che per il bambino è il gioco, per l'adolescente sarà l'incarico, il compito. Il bambino, vivendo un tempo diverso, ha diritto al divertimento e alla possibilità di apprendere attraverso lo svago: questo periodo dura fino ai nove anni circa. Da nove anni in poi si deve cominciare a responsabilizzarlo. Nella scala dei tempi e dei cicli, dai nove ai diciotto anni dovrà confrontarsi con il mondo esterno, con il mondo che non appartiene alla sua fantasia. Non sarà più Peter Pan ma diventerà Superman, con le difficoltà del mondo da affrontare. Se il bambino ha diritto al gioco e alla fiaba, e l'adolescente al racconto eroico e al compito, l'adulto avrà diritto al racconto mitico, potrà identificare se stesso con la divinità, il superamneto della dimensione terrena. Per l'adulto la divinità rappresenta il suo nuovo orientamento, portandolo a lavorare su ciò che è oltre questa vita. Questi, brevemente descritti, rappresentano i tre tempi della vita di un uomo. Cosa fare, quindi, con i nostri bambini?
Possiamo raccontare loro storie, e a seconda delle età e delle caratteristiche che hanno, inventare giochi o eventi che contengano per loro le migliori opportunità. Le storie, infatti, custodiscono tutta una serie di situazioni e soluzioni; dobbiamo creare dei giochhi che le riproducano materialmente affinchè il bambino possa scegliere le opportunità da esso presentate. E' importante inventare dei giochi che lo aiutino a confrontarsi con la possibilità, perchè l'educatore potrà studiare le reazioni per poter tarare meglio il processo educativo.
Farò un esempio semplice. Possiamo presentare al bambino il gioco in cui in una mano è contenuto un oggetto e dove nascondiamo entrambe le mani dietro la schiena chiedendogli di indovinare in quale delle due si trovi l'oggetto in questione. Se quando gli mostri la mano vuota il bambino manifesta grande delusione sai, come educatore, che il suo carattere è debole e che quindi devi produrre tutta una serie di narrazioni, di giochi ed esperienze che vadano nella direzione del rafforzamento. Se invece vorrà vedere l'altra mano, saprai che è un carattere forte, e che quindi dovrai produrre per lui tutta un'altra serie di esperienze.
Da anni leader nella diffusione di "sistemi di ricerca evolutiva", Patrizio Paoletti è il padre della Pedagogia per il terzo millennuio basata sulle idee di mediazione e traslazione. Protagonista di coaching e mastering in Italia e all'estero, è costante punto di riferimento per atleti, artisti, professionisti, manager e migliaia di persone che vogliono migliorare se stesse e il rapporto con l'ambiente. Da tempo impegnato in inziative di solidarietà, è l'ispiratore dei progetti sociali dell'Albero della Vita e della Coop. Sociale La Bussola (tel 0382 938077)
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