Sono di Palermo e venivo da esperienze di arti marziali, che ho cominciato a studiare già a 12 anni, uno studio finalizzato a dimostrazioni coreografiche e non a combattimenti. Dopo un infortunio mi sono dedicato alla danza contemporanea, come disciplina per la riabilitazione, e invece me ne sono innamorato, perché offriva uno studio sulla percezione fisica più profonda.
Poi sei anni fa ho conosciuto ragazzi appassionati di giocoleria e arti circensi. Ci incontravamo in un chiesa abbandonata, a S.Basilio, l’unico spazio in città dove potersi allenare. Mi sono appassionato al circo quando mi sono reso conto che le sue potenzialità di grande libertà espressiva e creativa mi permettevano di uscire dagli schemi della danza e delle arti marziali.
La prima disciplina che incontrai fu il verticalismo, in seguito incontrai la compagnia dei Focolieri, facevano fuoco e io portai un pò di equilibrismo e contorsioni. Viaggiai con loro, ma sentivo il bisogno di una formazione professionale, e dopo alcune prove scelsi di frequentare la Scuola di Cirko Vertigo, dove mi sono dedicato alla postura del corpo per affrontare il verticalismo e l’equilibrismo. In realtà l’attrezzo classico delle verticali non mi piace, l’artista si chiude sul verticalino e la gente non ha nessuna sorpresa. Penso che le verticali si possano fare ovunque e mi piace trovare altri supporti. Ho praticato e sono appassionato anche di mano a mano, che voglio portare avanti in parallelo con l’equilibrismo, ho la testa dura, mi alleno 8 ore al giorno, e quando mi piace qualcosa mi ci dedico completamente!
Ma è’ difficile trovare un percorso formativo completo e integrato, perché se frequenti una scuola ti perdi l’esperienza degli spettacoli, se fai solo spettacoli ti perdi la concentrazione sullo studio della tecnica e della creazione.
Mi piace approfondire il lavoro sulla costruzione di una performance, compreso il passaggio di quello che pensiamo e viviamo, dal cuore alla mente, che subisce tanti cambiamenti e non ci permette di esprimere quello che viviamo. Voglio portare dei messaggi in scena utilizzando il mio corpo, stati d’animo, momenti di vita vissuta, come la difficoltà di comunicare, oggetto del mio ultimo numero.
Sono più orientato alla performance in senso lato, e forse devo ancora trovare il mio tipo di pubblico. Mi piacerebbe un pubblico molto aperto, e anche il numero che ho montato non segue appieno le linee classiche dei numeri circensi. Penso che non dobbiamo mai smetterci di fare domande per crescere, ogni giorno mi dico che posso ancora crescere artisticamente, soprattutto attraverso le domande. In più quando si è in scena appena terminata la performance mi piace fermarmi per capire cosa ho fatto e come posso migliorarmi, soprattutto emotivamente.