Pagliacci, nota opera composta da Ruggero Leoncavallo nel 1892, nella sua più recente edizione per la regia di Zeffirelli ricorre per la rappresentazione dei saltimbanchi a giovani artisti di strada e della pista provenienti da scuole ed esperienze legate al teatro di strada e alle arti del circo contemporanee italiane. Abbiamo raccolto le loro testimonianze alla fine di una delle repliche andate in scena a Roma....

foto di Corrado Maria Falsino



Non è la prima volta che acrobati e artisti di strada vengono utilizzati nell’Opera, e le rappresentazioni delle opere di Wagner curate dalla Fura Dels Baus sono solo un esempio, ma Pagliacci, più che ricorrere ad acrobati come “effetto” è l’unica opera che ne rappresenta in qualche modo il vissuto. Zeffirelli ha cominciato a rappresentare Pagliacci già 14 anni fa, girando tutto il mondo, poi in questa recente edizione ha deciso di “modernizzarlo”, ambientando la storia negli anni ‘50/60 in un paesino della Campania. Per le comparse che dovevano interpretare il ruolo degli artisti di strada è stato organizzato un provino aperto, e volendo rappresentare l’Opera in chiave moderna e realistica hanno preferito prendere dei veri artisti di strada. Il casting è stato fatto da Marco Gandini, una persona competente che sapeva distinguere un flic da una rondata, un equilibrismo da un passing.



La storia racconta di una compagnia di artisti di strada, girovaghi, artisti senza un tendone ma con un palchetto, qualcosa a metà strada tra un postone e una Commedia dell’Arte. In un’opera dove in scena compaiono le prostitute, l’ubriaco, il meccanico, il tossico alla produzione interessava che il cast degli artisti di strada fosse credibile e probabilmente questa è la ragione per cui la loro scelta si è orientata su artisti di strada piuttosto che su artisti del circo, che prediligono ambientazioni diverse e un’attenzione del pubblico concentrata sulle loro performance.



La regia ci ha comunque lasciato molta libertà espressiva, chiedendoci cosa potevano e sapevamo fare e accettando i nostri suggerimenti, utilizzando quello che sapevamo fare, come il rola bola, la minicletta, i trampoli o altro. Ci hanno chiesto chiaramente cose essenziali e molto visuali, ma ci hanno chiesto soprattutto l’atmosfera, il colore e l’energia di artisti di strada e del circo, facendo attenzione a non rubare la scena ad elementi importanti come il coro. L’opera è fatta a quadri, con personaggi abbastanza impostati, e il nostro compito era di rompere un po’ questa staticità e ci siamo molto appassionati al ruolo che ci era stato assegnato.



Inoltre, prima di queste date italiane, le comparse con il nostro ruolo erano tutti stranieri che avevano difficoltà a comprendere il testo e capire le sfumature drammaturgiche, col risultato che  sembravano un po’ pesci fuor d’acqua, mentre noi comprendendo la dinamica della storia riuscivamo a rendere la nostra presenza e la nostra recitazione più attinente.

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