Al festival Cirqu' ho assistito recentemente allo spettacolo Le Vide – essai de cirque, il cui originale impianto narrativo prende spunto dal mito di Sisifo, condannato dagli dei a spingere incessantemente un masso fino alla cima di una montagna, da dove ogni volta la pietra precipita per effetto del suo stesso peso, costringendolo a ricominciare il duro lavoro. Zeus e compagni pensavano, non senza ragione, che non ci fosse punizione più terribile di un lavoro inutile e senza speranza.
Questo mito, oggetto di tante letture, viene affrontato anche da Camus ne “Il mito di Sisifo. Saggio sull’assurdo”, suggerendo una interpretazione che fornisce a Fragan Gehlker lo spunto per realizzare lo spettacolo Le Vide. Spiega Camus: “Sisifo sa di essere padrone dei suoi giorni. In quel sottile momento nel quale l’uomo guarda alla propria vita, Sisifo, tornando al suo masso, contempla questa successione di azioni senza legame che diventa il suo destino, creato da lui, unito sotto lo sguardo della sua memoria e presto suggellato dalla sua stessa morte. Così, persuaso dell’origine completamente umana di tutto ciò che è umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, è sempre in cammino Il macigno rotola ancora. Lascio Sisifo ai piedi alla montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la determinazione superiore che nega gli dei e solleva macigni. Anche egli ritiene che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare né sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, piena di notte, formano da soli un mondo. La lotta stessa verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice”.
Nel bellissimo libro “Le Vide” Fragan Gehlker approfondisce, con un impianto fotografico d’eccezione e insieme ai suoi incredibili compagni di scena e di vita, le ragioni e lo sviluppo dello spettacolo: “Il parallelo che propone Camus tra l’assurdo di quella figura mitologica greca e quella dell’uomo moderno occidentale risuonava con la mia stessa esperienza dell’assurdità del quotidiano circense. Al Circo si viene a vedere un uomo che si prende la libertà di compiere un atto propriamente inutile, consacrando ad esso tutta la sua vita”. Il libro, così come lo spettacolo, è straordinariamente ricco di riflessioni sul ruolo dell’artista di circo oggi, sul suo rapporto con l’arte e con la società.
Così, all’alba del numero 83 di Juggling Magazine, mi piace pensare che in questo pazzo mondo del circo portiamo tutti dentro un po’ dell’animo e della condizione di Sisifo. E ogni volta che si va finalmente in stampa, oppure che si smonta un tendone, si chiude un festival, si termina un tour, si chiude un trick, si accantona uno spettacolo ormai datato, ritorniamo tutti ai piedi della montagna per raccogliere di nuovo il macigno e riprendere con buona lena l’impresa, impagabilmente spossati e felici al tempo stesso.
Adolfo Rossomando
direttore editoriale Juggling Magazine