In questi ultimi quattro decenni siamo cresciuti e abbiamo nutrito il mondo del circo contemporaneo, in tutte le sue declinazioni e applicazioni, osannando una pratica gioiosa, inclusiva, creativa delle arti circensi – e una sua trasmissione – come capisaldi e metafore di un mondo migliore dove realizzarsi.
La valenza sociale del circo ha posto forte l’accento su codici etici, su “un circo per tutti e per ognuno” che, accogliendo l’alterità, annullasse le distanze. Principi che hanno ispirato e ispirano una grande fetta del circo di oggi, alimentati anche dai crescenti movimenti planetari di emancipazione e rivendicazione di diritti che caratterizzano questa epoca.
Il circo come scelta di vita, terreno di buone pratiche, strumento e opportunità per liberare il proprio corpo, la propria mente e il proprio animo. “Mens sana in corpore sano” scriveva il poeta romano Decimo Giunio Giovenale per denunciare il clima morale corrotto in cui viveva la società romana del suo tempo. Un motto poi adottato impropriamente e che ancora troneggia nelle palestre di società sportive e nelle home page di salutisti e personal trainer.
Ma cosa significa oggi “corpore sano” e “mettere il corpo al centro della scena/pista”? Quali sono i parametri di “sano e perfetto” adottati da chi gestisce scuole professionali e/o crea programmazioni di circo? In che modo l’autenticità, la vulnerabilità, la potenza, l’incanto, la diversità del corpo liberano il sentire dell’artista e del pubblico? E quanto omologata deve essere una “mens sana” per ottenere spazio e attenzione nel circo contemporaneo?
Da sempre riceviamo infinite testimonianze di persone che, avvicinandosi alla pratica amatoriale del circo, incontrano un luogo di ascolto e opportunità dove poter dare libero spazio alla propria personalità. Ma emergono anche alcune denunce di chi, spesso in ambito professionale, incontra purtroppo anche discriminazione, se non abuso. Le due testimonianze di Sabine Maringer e Yotam Peled che pubblichiamo raccontano la tensione tra le potenzialità di inclusione e sviluppo, contrapposte alle insidie della discriminazione, dei pregiudizi che pure serpeggiano all’interno del nostro settore. Entrambi esortano a un maggiore impegno nell’alimentare il confronto, affrontare i temi, portarli alla luce, aprirsi a buone pratiche.
Un impegno che anche Juggling Magazine è chiamato ad assumersi con maggiore consapevolezza – nelle foto, nei testi e nei link a contenuti online – per rappresentare tutto il circo che c’è, per stimolare il dibattito su come valorizzarlo.
Adolfo Rossomando
direttore editoriale Juggling Magazine